Un giorno alla volta

Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola.

Cesare Pavese


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L’ho scoperto per caso, guardando una statistica del sito.
1836 visite, dal 2021 a oggi.
Ma il progetto non è mai stato davvero annunciato.
Nessuna campagna, nessuna promozione.
Quelle visite… ero io.

1836 volte sono entrato per sistemare, controllare, aggiustare.
Per rileggere, correggere, riscrivere tutto da capo.
1836 accessi che raccontano un’unica storia: la mia.

Lettere a Stroit è stato, ed è, un lavoro quotidiano.
Un esercizio di dedizione.
Una scelta di disciplina.
E forse è proprio questo che mi ha permesso di non perdere la speranza.

Non è stato facile.
Ma ogni giorno ho deciso di esserci.
Anche quando sembrava inutile.
Anche quando nessuno guardava.
Anche quando mi chiedevo se servisse davvero.

Ora lo so: serviva.
Perché ogni gesto ha lasciato una traccia.
Ogni passaggio, anche il più piccolo, ha costruito qualcosa.

Quel numero oggi mi parla.
Mi dice che c’è stato davvero tanto lavoro.
Silenzioso, ostinato, gentile.

E sono fiero.
E felice.
Perché so che nessuna di quelle volte è andata persa.

Era un giardino.
E stava crescendo.

Non so di preciso cosa sia la magia, ma so che inizia sempre quando non te ne vuoi più andare. Dai luoghi, dai pensieri, dalle persone.

Cesare Pavese


Sempre lì, davanti alla scrivania in camera mia.
Giorno dopo giorno, tra pagine aperte e sezioni da sistemare.
Era più forte di me.
C’erano momenti in cui nulla contava quanto quel progetto.
Più importante delle uscite, più urgente di qualsiasi distrazione.
Più vero, persino, di ciò che mi circondava.

E lo ammetto: a tratti ho esagerato.
Ho trascurato lo studio e la mia vita personale.
Le relazioni, gli affetti, perfino me stesso.
Certe sere ero stanco, vuoto, distante.
Non avevo voglia di spiegare, di raccontare.
Solo di fare.

Lettere a Stroit mi ha chiesto tanto.
E io gli ho dato tutto.
Ma oggi, guardandomi indietro, so che ne è valsa la pena.

Il risultato che ho raggiunto non è solo un progetto.
È un traguardo esistenziale.
Un segno concreto della mia dedizione.
Un luogo dove ho messo la parte migliore, e più testarda, di me.

E adesso… posso finalmente tornare.
Ritornare ad essere Orazio.
Il ragazzo di un tempo.
Ma con qualcosa in più: la consapevolezza di ciò che sono riuscito a costruire.
Da solo. Per davvero.